Statua del principe ereditario Carlo Tito di Borbone

  • Stato
    Terminato
  • Data di inizio
    07/2021
  • Data di fine
    05/2022
  • Tipologia
    Minimo intervento conservativo
  • Sponsorizzazione
    Non disponibile

Il manufatto, raffigurante il principe ereditario, il Real Infante Carlo Tito di Borbone, è stato conservato in uno dei depositi museali del museo della Reggia di Caserta. L’ambiente che lo ha ospitato per diversi anni è la cappella Pio IX, un piccolo spazio in cui l’opera si trovava poggiata ai piedi dell’altare. L’operazione di recupero, risistemazione, adeguamento e valorizzazione dei depositi che la direzione ha intrapreso con il servizio Laboratori di Restauro già dal 2020 ha interessato anche questo piccolo deposito, da cui è emersa la scultura. L’approccio all’opera è stato quello di un intervento “minimo”, volto a non stravolgere la visione della superficie semi lucida, data proprio dai protettivi utilizzati dall’artista e in precedenti interventi conservativi.

Il criterio su cui si è basato l’intervento di restauro è stato quello di rimuovere tutte le sostanze sovrapposte che interferivano nella lettura della superficie, per spessore o per squilibrio cromatico, alleggerendo senza però eliminando del tutto le patine e le patinature con cui l’opera è arrivata a noi, ivi compresi i graffi superficiali diffusi.

Indagini conoscitive

In base all’accordo quadro sottoscritto nel 2021 tra l’Università degli studi Federico II di Napoli e il Museo Reggia di Caserta, è stata effettuata una intensa campagna diagnostica che ha privilegiato tecniche non invasive di approfondimento, in modo tale da condurre il delicato intervento di restauro in un’ottica del minimo intervento conservativo che potesse disinnescare in maniera precisa gli agenti di degrado presenti, consentirci di operare in maniera rispettosa del materiale, delle sue stratificazioni storiche, indagarne gli aspetti meno chiari a una prima analisi visiva e proporre un intervento atto a garantirne il buono stato conservativo e una godibilità estetica.

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Materiali e tecniche esecutive

La statua è interamente scolpita da un unico blocco di pietra, individuata a seguito d’indagini mineralo-petrografiche come appartenente alla categoria merceologica dei marmi, materiale che presenta una durezza compresa tra valori 4-5 della scala di Mohs, che ne permette una perfetta lavorazione superficiale in termini di levigabilità e lucidabilità. Il materiale scelto è caratterizzato da un’intensa fessurazione dovuta probabilmente a fenomeni tettonici che hanno interessato la formazione geologica da cui è stato estratto. Sono diffuse presenze di impurità scure e rossastre (probabilmente solfuri e/o ossidi), intrinseche della materia. Si può affermare anche che la provenienza geologica del marmo è extra regionale, poiché la petrogenesi risulta incompatibile con i contesti geologici locali.

Sanmartino si servì di effetti chiaroscurali tipici della scultura coeva, caratterizzati dall’uso sapiente del trapano, ad arco e ferrotondo in base alla grandezza delle cavità riscontrate (più profondi tra le due gambe, dietro la nuca, sotto le braccia), delle sgorbie, cunei, subbie per sgrossare, di tutti gli strumenti di finitura e levigatura per permettere la lucidità della pietra, quindi raspe, lime, gradina. L’opera fu poi completata con l’operazione di lucidatura.

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Stato di conservazione e interventi precedenti

L’opera si trovava in discreto stato conservativo. La superficie era offuscata da diffusi depositi di natura incoerente e coerente, dovuta verosimilmente ad alterazione della cera protettiva applicata in passato addizionata alla polvere concentrata in corrispondenza degli intagli rientranti nel modellato. I più vistosi si concentravano nelle cavità nasali, nella bocca, nei piedini, nelle mani e in tutte le ciocche dei capelli. Questa condizione interrompeva la corretta lettura dell’opera. Il fattore di degrado più evidente era la presenza di macchie sferiche, di diametro 1-2 mm circa, maggiori in corrispondenza della parte superiore del busto e sull’addome del bambino provenineti da un attacco biologico, confermato dal prelievo.

Visibili grossolani interventi di stuccatura e integrazioni, testimonianza di un precedente intervento di restauro, reso necessario per un evento accidentale che deve aver comportato la rottura del medio e anulare della mano sinistra, del distacco parziale del braccio destro e di una porzione di quello sinistro, probabilmente intorno agli anni ’80 del Novecento, che non ha trovato riscontro nella documentazione d’archivio. Altre stuccature interessano il basamento, localizzate maggiormente nel bordo curvilineo del cuscino e realizzate con molta probabilità da stucco sintetico.

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Intervento di restauro

L’osservazione diretta ha permesso di eseguire dei rilievi 3D tramite laser scanner, e su questo poter codificare la documentazione tecnica e organizzare l’intero intervento realizzando un cronoprogramma delle varie operazioni

La prima fase ha riguardato la documentazione schedografica, grafica e fotografica. Sono state effettuate delle riprese a luce visibile, radente e ultravioletta, tramite lampada portatile UV (lampada di Wood); quest’ultima ha permesso una prima lettura dell’opera, evidenziando alcune criticità non visibili a occhio nudo. Altro passaggio preliminare di osservazione macroscopica è stato possibile con microscopi ad alta risoluzione (video microscopio portatile detto Dino-Lite). Prima di rimuovere qualsiasi eventuale sostanza filmogena o deposito incoerente sulla superficie, si è deciso di effettuare tutte le analisi richieste, al fine di non alterare i risultati di queste ultime e di non rimuovere eventuali importanti tracce che potessero ricostruire la storia conservativa del manufatto, grazie alla loro identificazione.

E’ stata effettuata una pulitura a secco di tutta la superficie mediante l’utilizzo di aspiratore museale con filtro HEPA, il tutto coadiuvato dall’utilizzo di pennelli a setola morbida di vario formato. Si è così proceduto a dei primi saggi di pulitura e di solubilità dello sporco adeso attraverso test in superficie utilizzando soluzioni diverse miscelate tra di loro, al fine d’individuare quella adatta ad assottigliare lo strato ceroso presente, stabilire se la dissoluzione del materiale poteva avvenire senza intaccare lo strato sottostante, utilizzando un processo fisico.

Prima d’iniziare l’intervento di pulitura, è stato applicato a pennello un prodotto biocida composto da Sali di ammonio quaternario che potesse operare ad ampio spettro al fine di eliminare l’attacco microbiologico.

In corrispondenza delle lesioni strutturali e dei microfori del marmo, si è proceduto con una pulitura meccanica attraverso l’ausilio di specilli da dentista in acciaio inox, aghi di diverso spessore e spilli. Questa fase è stata necessaria al fine di eliminare i numerosi elementi di disturbo ottico che queste zone creavano alla visione d’insieme, inasprendo l’espressione del volto dove le lesioni annerite sulla fronte riproducevano un corrugamento. Le dita della mano destra, incollate grossolanamente in passato con adesivo epossidico, sono state trattate esclusivamente in modo meccanico, assottigliando tramite l’ausilio di un bisturi solo le parti in eccedenza. Infine, per accordare la finitura naturalmente traslucida del marmo, è stato necessario applicare un leggero strato di vernice protettiva, con la finalità di attutire alcune scalfiture inerenti alla lavorazione e micro lesioni.

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