Campagna CONAI “Un patrimonio nelle tue mani”

“Un patrimonio nelle tue mani” è un progetto che unisce i valori del CONAI con quelli dell’UNESCO, per preservare il patrimonio artistico e culturale italiano.

Differenziare correttamente è sinonimo di avere cura di ciò che ci sta più a cuore e quindi di noi stessi, come individui e come comunità.

Il CONAI attraverso questa campagna fornisce ai visitatori della Reggia di Caserta le giuste e corrette indicazioni per la separazione e per il conferimento dei rifiuti, partendo proprio dalla storia, un valore aggiunto al patrimonio culturale italiano.

 

La raccolta differenziata è nata a Napoli!

Diversamente da quanto comunemente si pensi, a cavallo dell’Età Industriale il Sud borbonico aveva messo a punto una serie di regolamentazioni e decreti molto puntuali per gestire proprio la raccolta differenziata, per la sicurezza, ma anche per l’igiene di tutti i cittadini.

La Reggia di Caserta vede la luce e vive proprio secondo questi illuminati principi.

La separazione del rifiuto si concentrava principalmente sul vetro e sull’umido, che veniva messo da parte per quelli che potremmo definire i primi esperimenti di compost.

La storia e i suoi insegnamenti ci danno un motivo in più per essere più attenti, oggi più che mai, data la presenza capillare nel nostro quotidiano dei cosiddetti “multi-materiali”.

I re e le regine che nel tempo hanno vissuto la Reggia di Caserta ne hanno determinato la magnificenza e la gloria anche grazie a una particolare attenzione alla conoscenza e alla corretta gestione dei rifiuti.

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La differenziata ai tempi del Regno delle Due Sicilie. Esisteva? Eccome!

Proprio durante il Regno delle Due Sicilie, infatti, ed in particolare nel 3 maggio del 1832, si ritiene che fu il re Ferdinando II di Borbone in persona ad emanare un decreto firmato dall’allora prefetto della polizia, Gennaro Piscopo, che analizzava e regolamentava l’intera situazione igienica dei rifiuti napoletani, a tutela della salute pubblica. In questo decreto, appartenente alla “Collezione delle Leggi e dei Decreti del Regno delle Due Sicilie”, si obbligavano bottegai e cittadini dell’epoca, a ripulire le strade adiacenti alle abitazioni o alle botteghe. In lingua originale dell’epoca recitava così: “Tutt’i possessori, o fittuarj di case, di botteghe, di giardini, di cortili, e di posti fissi, o volanti, avranno l’obbligo di far ispazzare la estensione di strada corrispondente al davanti della rispettiva abitazione, bottega, cortile, e per lo sporto non minore di palmi dieci di stanza dal muro, o dal posto rispettivo. Questo spazzamento dovrà essere eseguito in ciascuna mattina prima dello spuntar del sole, usando l’avvertenza di ammonticchiarsi le immondizie al lato delle rispettive abitazioni, e di separarne tutt’i frantumi di cristallo, o di vetro che si troveranno, riponendoli in un cumulo a parte”.  Una vera e propria raccolta differenziata!

 

Il decreto era composto da ben 12 articoli dove era indicata la modalità della raccolta oltre che le pene per i responsabili. Addirittura, in uno degli articoli, si faceva divieto di gettare dai balconi materiali di qualsiasi natura. Era vietato anche buttare l’acqua dei bagni e non si potevano nemmeno lavare o stendere panni lungo le strade abitate. Chi trasgrediva a questo decreto era punito con multe salate o addirittura, in alcuni casi, con la detenzione.

 

Nel Regno di Napoli, inoltre, il comparto tessile con la produzione di lana e seta e la manifattura pesante, con la nascita delle ferriere, rappresentarono il primo momento proto-industriale che avrebbe dato vita all’Età moderna.  È qui che per la prima volta vengono individuati i primi percorsi di riconversione e recupero dei materiali:

 

in particolare, la Reggia di Caserta rappresenta un fulcro propulsivo che si irradia anche nel resto della provincia; si aprirono infatti cave di pietra, di tufo, si moltiplicarono i seminati per i cavalli e per il bestiame e falegnamerie, atte a produrre oggetti, tutti i tipi di lavorati e rifornimenti vari. Del resto, nel 1774 il solo indotto della Reggia assorbiva oltre 2.000 lavoranti.

 

Si può dire, senza paura di sbagliare, che ai tempi dei Borbone si riciclava praticamente tutto!

Anche sul legno esistevano delle politiche di rispetto e recupero del materiale decisamente ante litteram.

 

Prima del Regno delle due Sicilie – e del mandato all’architetto Gioffredo – si era sempre esercitato uno sfruttamento intensivo dei boschi per ottenere il carbone da legna. Questo comportamento portava ad un rapido esaurimento del legname.

 

I complessi proto-industriali, ed in particolar le ferriere, vennero dunque concepiti come un insediamento stabile, in un’area in cui erano presenti tutti i fattori di produzione: minerale, legname, corsi d’acqua perenni a gestione sostenibile.

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E oggi? Con le tue mani puoi fare la differenza!

La Reggia di Caserta è un patrimonio culturale, architettonico e paesaggistico la cui salvaguardia ed eredità è nelle mani di tutti noi.

Ogni materiale ha la sua storia, e il suo contenitore!

Tipologie di materiali

Organico e bioplastiche compostabili

COSA CONFERIRE

Scarti di cucina vegetali e animali, gusci d’uovo, fondi di caffè e tè, tovaglioli di carta sporchi di cibo, foglie, fiori secchi, tappi di sughero, carta da forno compostabile, stoviglie e posate compostabili. Imballaggi in bioplastica compostabile che riportano uno dei marchi di compostabilità (presenti sul singolo oggetto o sulla confezione).

NO

Lettiere sintetiche di animali, assorbenti, gomme da masticare, mozziconi di sigari o sigarette, olio vegetale esausto, buste di plastica. In generale tutto ciò che non è organico (es. contenitori, barattoli, lattine, vasetti e bottiglie, liquidi).

CENNI STORICI

Si hanno notizie certe che già dal 1787 a Napoli, in città e nella campagna, si attuava il riciclo degli alimenti. Probabilmente serviva per creare un compost per coltivare la terra. Napoli è stata la città più pulita d’Europa, circa 150-180 anni fa, prima dell’unità d’Italia, grazie proprio alle sue leggi all’avanguardia!

In particolare, nell’articolo n. 3 dell’editto del 3 maggio 1892, si ordinava ai “possessori, padroni, affittatori di stalle o rimesse” di togliere ogni giorno il letame e di conferirlo nei luoghi indicati dai Commessarj di Polizia. 

Una caratteristica di questo primo modello di differenziata nel Regno di Napoli è proprio la capacità di gestire la “pluriattività”, in particolare attraverso l’integrazione fra proto-industria e agricoltura. Un vero e proprio processo di pluriproduzione virtuosa!

I diversi lignaggi delle comunità proto-industriali nel corso degli anni superano la esclusiva produzione laniera per produrre, in diversi mesi dell’anno, paste alimentari, ma anche carta, con i mulini che vengono riadattati per entrambi i tipi di produzione.

Grandi investimenti da parte dei Borbone, finanche di primi esempi di impianti a vapore permettono ai pastifici della provincia di Napoli di raggiungere dei risultati incredibili, all’Italia e all’Estero, con mulini adibiti alla produzione per ogni mercato.

Nell’era borbonica troviamo quindi i primi esempi di impianti “a ciclo completo”, che permettevano di gestire l’intera produzione, dai cereali alla pasta, con il minimo spreco!

Oggi, gli scarti alimentari e vegetali rappresentano una fetta importante dei nostri rifiuti, fondamentale anche per parlare e agire in termini di riduzione e di recupero di una risorsa preziosa per la bioeconomia circolare.

In questo settore un ruolo chiave è rivestito anche dalle bioplastiche compostabili: un materiale innovativo e sostenibile, sviluppato soprattutto per applicazioni in ambito di packaging alimentare. Dopo essere state utilizzati più volte, gli imballaggi in bioplastica compostabile devono essere raccolti insieme ai rifiuti organici, così da venire trattati negli appositi impianti e trasformati in biogas e compost, un fertilizzante naturale prezioso per il suolo.

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Carta, cartone e cartoncino

COSA CONFERIRE

Imballaggi in cartone ondulato e cartoncino sempre appiattiti, contenitori per pizza puliti, sacchetti di carta, giornali, stampa commerciale, fogli di carta di ogni dimensione, fascette di cartoncino, parti in carta o cartoncino di confezioni.

NO

Scontrini, carta oleata, plastificata, da forno, fazzoletti di carta usati, imballaggi di cartone con residui di cibo o terra o sporchi di sostanze chimiche, buste di plastica e bioplastica compostabile. In generale tutto ciò che non è carta. I cartoni per liquidi vanno conferiti con plastica, acciaio e alluminio.

CENNI STORICI

All’epoca del Regno di Napoli l’industria della carta rappresentava uno dei poli produttivi più fiorenti di tutto l’impero, tanto da parlare della “grande era” delle Antiche Cartiere. Erano circa duecento, infatti, le cartiere presenti in tutto Regno.

L’industria della carta arrivava di fatto in Europa, dall’Antico Oriente, già nell’XI secolo, con la celebre Fabriano. Dopo la peste del 1600 questa industria dovette combattere con una lunga battuta d’arresto: la carta era infatti prodotta partendo dagli stracci, ma, per fermare il contagio, questi venivano fatti bruciare, eliminando così, di fatto, la materia prima. Sarà l’Olanda, nel 1800, a dare il via alla produzione della cellulosa dal legno, dopo che i tentativi con l’ortica, la felce, il luppolo e il mais diedero pochi risultati. Nel 1880, fu inventato un procedimento che permetteva di ottenere anche una carta molto robusta: la carta Kraft, una vera rivoluzione per il mondo dell’imballaggio. Grazie alla pasta di legno, la produzione della carta diventò di massa, con la conseguente caduta di prezzo che la trasformò da prodotto di lusso a prodotto di largo consumo.

Nel frattempo, nel fiorente Regno delle Due Sicilie le industrie cartiere si moltiplicavano insieme agli opifici. La Campania del 1860 era la regione più industrializzata d’Europa, particolarmente l’area napoletana, lungo l’asse Caserta – Salerno. In essa vi erano sia il grandioso Opificio di Pietrarsa dove si producevano motori a vapore, locomotive, carrozze ferroviarie e binari, sia i famosi cantieri navali tra i migliori d’Europa, fabbriche d’armi e di utensileria, aziende chimiche, sia infine le industrie per la produzione della carta, del vetro, concia e pelli, alimentari, ceramiche e materiali per edilizia.

Non si può parlare della carta senza collegarsi poi subito alla storia di uno dei suoi prodotti principali: l’imballaggio! Le sue origini si possono far risalire alla fine del Diciottesimo secolo quando la Rivoluzione Industriale introdusse massicci cambiamenti nell’industria manifatturiera. L’introduzione della meccanizzazione su larga scala consentì la produzione di quantità sempre più notevoli di articoli e nacque così l’esigenza di proteggerli e conservarli, impedendo il loro danneggiamento durante il trasporto, e di conseguenza il loro recupero!

Strettamente collegate a quelle della carta erano le “industrie” dei libri, le tipografie: oltre 400 i titoli pubblicati annualmente, un vero primato nell’Italia del tempo! A Napoli nel 1833 si contano circa 120 stamperie attive! Nel 1848 si registrarono degli scioperi a Napoli proprio tra i numerosi addetti alle tipografie. La produzione della carta variava da carte di pregio, detta “di bambace” perché filigranata e morbida, utilizzata per gli atti giudiziari e pubblici al posto delle pergamene, fino alla carta “di strazzo” o “straccia” o “emporica“, di cui si faceva largo consumo tra pescivendoli, fruttivendoli e salumieri per avvolgere i loro prodotti negli antichi “cuoppi”.  La presenza di produzioni dedicate in funzione della destinazione d’uso del materiale crea le basi per una prima cultura del recupero e quindi del riutilizzo.

Numerose, infine, erano anche le “cartiere a mano”, che lavoravano a livello artigianale stracci di cotone neri o colorati per produrre carte da imballaggio e cartoni.

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Vetro

COSA CONFERIRE

Bottiglie, barattoli, vasetti, bottigliette e flaconi. I contenitori devono essere vuoti e senza tappi di qualsiasi tipo (metallo, plastica, sughero).

NO

Buste di plastica, bicchieri di vetro, oggetti in ceramica e porcellana, contenitori in vetroceramica (vetro borosilicato, ecc.)

CENNI STORICI

L’attenzione allo smaltimento del vetro è all’incipit del decreto del 3 maggio 1832.

A questo si affiancava un’ordinanza della prefettura di polizia che disciplinava, nei dettagli, lo spazzamento e l’innaffiamento delle strade, compresa una sorta di “raccolta differenziata” per il vetro che veniva recuperato e riciclato dalle numerose Vetrerie presenti nel regno. La si faceva per la sicurezza dei cittadini, in quanto, ci si poteva ferire con pezzi di cristallo o vetri rotti.

L’industrializzazione delle produzioni di vino e di olio durante il Regno Borbonico diedero una spinta propulsiva molto forte all’utilizzo del vetro per l’imballaggio così come lo conosciamo oggi, determinando quindi una particolare attenzione allo smaltimento dello stesso che, come visto, poteva diventare facilmente pericoloso se non conferito correttamente.

Ma non finisce qui! Nell’età borbonica conosciamo anche tentativi di recupero e quindi di riciclo del vetro. Fino all’epoca moderna, infatti, la seconda fase della produzione vetraria avveniva nelle officine cosiddette “secondarie”, che modellavano una grande gamma di oggetti partendo dal vetro “grezzo” al quale venivano aggiunti cocci di vetro di riciclo, utili anche per abbassare il punto di fusione della miscela vetrificabile.

In questo modo veniva riutilizzata anche parte del vetro grezzo della produzione primaria oltre che al vetro della produzione cosiddetta secondaria, che a partire dal vetro non lavorato, appunto, o integrato da materiali di riciclo, permetteva di modellare gli oggetti pronti per essere commercializzati.

Il riciclo del vetro è un processo estremamente virtuoso: il materiale riciclato può sostituire infatti la materia prima originale senza alcuna perdita di qualità. Il vetro può essere riciclato un numero infinito di volte, al 100%, senza alcuna perdita di materia e anzi, con un notevole abbassamento del consumo energetico necessario per produrre questo materiale ex novo.

Conferire il vetro negli appositi contenitori, senza disperderlo nell’ambiente, contribuisce a mantenere un ambiente sano e pulito.

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Plastica e metalli

COSA CONFERIRE

Bottiglie di plastica, vasetti per alimenti e yogurt, pellicole da imballaggio e polistirolo, buste e sacchetti per alimenti, lattine, bombolette spray (vuote), scatole, latte, barattoli e scatolette in metallo (acciaio e alluminio), tappi e coperchi, vaschette, piatti e vassoi in alluminio, contenitori in carta ed alluminio accoppiati.

NO

Beni ingombranti di plastica, elettrodomestici e loro parti, posate di plastica, oggetti di gomma, CD, DVD, pellicole e sacchetti in bioplastica compostabile.

CENNI STORICI

All’epoca dei Borbone plastica ed alluminio non erano ancora nati, ed il concetto di imballaggio e packaging era ancora in via di sviluppo nell’ambito delle realtà proto-industriali.  La plastica così come la conosciamo arriva solo nel XX secolo, e per lungo tempo è stata considerata la “pecora nera” del riciclo, ma oggi sappiamo bene che con una corretta raccolta differenziata la plastica in realtà può rinascere a nuova vita!

La storia della plastica comincia solo nell’XIX° secolo, quando, tra il 1861 e il 1862, l’Inglese Alexander Parkes, sviluppando gli studi sul nitrato di cellulosa, isola e brevetta la famosa “xylonite”. È il 1870 quando i fratelli americani Hyatt brevettano la formula della celluloide, con l’obiettivo di sostituire il costoso e raro avorio nella produzione delle palle da biliardo. La storia vuole che il nuovo materiale riscontrò un immediato successo presso i dentisti quale materiale da impiegarsi per le impronte dentarie. È il XX secolo ad essere a tutti gli effetti il secolo della plastica, poiché gli studi su questo materiale trovano anche un fondamento scientifico. Se ne approfondiscono la flessibilità, la trasparenza e l’impermeabilità, che trovano subito applicazione nel campo dell’imballaggio: lo Svizzero Jacques Edwin Brandenberger inventa il Cellophane, un materiale a base cellulosica prodotto in fogli sottilissimi e flessibili. Gli anni ’30 e la Seconda Guerra Mondiale segnano il passaggio della “plastica” all’ “età adulta”, soprattutto per quanto concerne la creazione di una vera e propria industria moderna: il petrolio diviene la “materia prima” da cui partire per la produzione e, al contempo, migliorano e si adattano alle produzioni massive le tecniche di lavorazione, a cominciare da quelle di stampaggio: nascono il nylon (poliammide), il polipropilene, gli acetati e i vari polimeri. Oggi parliamo addirittura di tecnopolimeri, che permettono applicazioni sofisticate e impensabili in tutti gli ambiti industriali.

Per quanto riguarda l’utilizzo dei metalli, la storia delle ferriere e delle fonderie borboniche è davvero straordinaria, specialmente per quanto riguarda le acciaierie. Le Reali Ferriere e le Officine Borboniche di Mongiana, in provincia di Vibo Valentia in Calabria, rappresentarono il più importante e ardito polo siderurgico del Regno. Correva l’anno 1768 quando arrivò in Calabria l’architetto e urbanista di Napoli Mario Gioffredo, considerato il Vitruvio Napoletano, che ebbe l’incarico dai Borbone di modernizzare il vecchio polo siderurgico dalle Regie Ferriere di Stilo. In poco meno di due anni fu costruito il primo complesso siderurgico che iniziò a produrre sin da subito.

Altro distretto degno di nota sono le Ferriere del Savone, a Teano. Tra il 1830 e il 1845, nei primi anni di regno di Ferdinando II, sorsero lungo il corso del fiume Savone una serie di piccole, medie e grandi industrie tra cui, in località Gomite, una ferriera e una ramiera su commissione degli industriali Nicola e Bartolomeo Salvi. Le Ferriere del Savone furono le prime, grazie agli inventivi del grazie “Real Istituto d’Incoraggiamento di Napoli, ad introdurre nell’industria siderurgica l’utilizzo degli altiforni.

Le proto-industrie borboniche, infatti, producevano componenti costruttivi metallici per la realizzazione di grandi infrastrutture, quali ponti e, eccellenza unica, le rotaie del primo tronco ferroviario italiano.

Nel 1861 l’acciaio prodotto a Mongiana riceve un premio Esposizione industriale di Firenze, e l’anno successivo all’Esposizione internazionale di Londra vennero premiate ghisa, ferro e armi quali carabine di precisione e sciabole.

L’alluminio invece viene utilizzato a livello industriale solo dal 1886; oggi è uno dei materiali prediletti per l’inscatolamento del settore food, perché flessibile, leggero e idoneo al contatto con gli alimenti. L’alluminio è il terzo elemento più abbondante dopo l’ossigeno e il silicio e la sua caratteristica è di essere riciclabile … all’infinito! Il 75% di tutto l’alluminio prodotto da sempre nel mondo è ancora in uso. Per poter essere riciclato, l’alluminio viene pressato in balle e poi avviato alla fonderia dove il materiale, pretrattato a circa 500° per essere epurato da vernici o altre sostanze, viene fuso a 800° per ottenere l’alluminio liquido, pronto a generare le famose “placche”, destinate a essere lavorate per la produzione di semilavorati e nuovi manufatti.

Il processo di riciclo dell’alluminio ci fa capire quanto è importante che i metalli vengano ben separati dagli altri materiali, in particolare da quelli che vanno nell’indifferenziato.

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Non differenziabile

COSA CONFERIRE

Pannolini e pannoloni, assorbenti, calze di nylon, stracci non riciclabili, mozziconi di sigarette, DVD, rasoi, spazzole, carta plastificata e da forno, cerotti, gomme da masticare, scontrini termici.

NO

Tutti i materiali separabili e riciclabili (vetro, carta, cartone e cartoncino, plastica, acciaio e alluminio, organico), tessili, farmaci, pile e accumulatori, olio vegetale esausto, legno.

CENNI STORICI

Sebbene il concetto di rifiuto indifferenziato sia presente sin dal Neolitico, l’urgenza di comprendere la natura dei materiali prodotti dall’uomo si inizia ad avvertire in modo sensibile proprio nell’era preindustriale, quando la morfologia degli agglomerati urbani inizia a cambiare drasticamente.

Nel corso del 1800, infatti, inizia l’urbanizzazione massiccia delle città e l’avvento della rivoluzione industriale fa da attrattore per le popolazioni povere, che si spostano dalle campagne alle città per cercare lavoro, generando una crescita spropositata di abitanti.

Nel 1832 scoppiò a Londra e anche a Parigi, un’epidemia di colera che causò decine di migliaia di morti. L’assenza di una gestione corretta dei materiali concorse senz’altro all’emergenza sanitaria. Pur non conoscendo le cause di morte della popolazione, si attribuì il problema al gran puzzo delle discariche a cielo aperto, strade e fiumi compresi, che accoglievano tutti gli scarti organici, ma anche quelli industriali.

Nel XIX secolo iniziarono le costruzioni delle prime fognature e si approfondirono gli studi sulla microbiologia, per trovare risposte efficaci al problema delle depurazioni delle acque. In generale, sul finire del secolo, migliorò anche la consapevolezza dell’igiene personale e arrivarono le prime vaccinazioni.

Per quanto riguarda i materiali solidi, non recuperabili, che normalmente erano depositati fuori dagli ambienti domestici, la crescita della popolazione nei nuovi agglomerati urbani, portò a nuovi problemi e all’esigenza di comprenderne al meglio le modalità di smaltimento.

La spazzatura indifferenziata iniziò comunque ad accumularsi. Le colonie di topi vivevano a stretto contatto con le popolazioni dei quartieri più poveri, attratte dai materiali gettati liberamente sul territorio cittadino, creando ulteriori problemi sanitari.

Fu proprio Ferdinando II di Borbone che con l’editto del 1832 nel regno delle Due Sicilie emanò una norma specifica che regolava la gestione dei materiali urbani, prevedendo regole severe sul loro abbandono e imponendo la separazione degli stessi.

Il regio decreto prevedeva, come visto, pene detentive molto severe per i trasgressori. Ferdinando II Istituì inoltre delle discariche dove la gente doveva portare i propri materiali.

Con l’avvento dei sistemi di raccolta differenziata i rifiuti indifferenziati diventano frazione non differenziabile e se correttamente individuati e conferiti nei contenitori dedicati migliorano la quantità e la qualità degli altri materiali raccolti separatamente.

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