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La “marmellata delle Regine”

Gli agrumi del Bosco vecchio, del Giardino Inglese e della Flora, destinati fino a qualche anno fa alla naturale marcescenza in terra o allo smaltimento oneroso da parte del Museo, sono utilizzati per “La Marmellata delle Regine”.

La Reggia di Caserta, Museo del MiC, contribuisce ai percorsi di autonomia promossi dalla Cooperativa E.V.A. a favore di donne in uscita da situazioni di violenza e in condizioni di particolare difficoltà, cui sono destinati i proventi delle vendite delle conserve.

E si prosegue con l’eccellenza. La quantità di frutta utilizzata, infatti, è superiore al 45%, come prescritto per le marmellate “extra” e non sono aggiunti conservanti.

Il progetto “La Marmellata delle Regine” con la sua grande portata simbolica e al contempo imprenditoriale ha generato cambiamenti interni all’organizzazione non previsti in fase di prima programmazione.

È risultato indispensabile rivedere i tempi di produzione e i processi interni in relazione al dimensionamento della raccolta. Una grande quantità di arance, tutte con tempi di maturazione analoghi, è stata riversata dai giardini della Reggia al laboratorio determinando un inevitabile ripensamento dei turni, della divisione dei compiti e di tutte le fasi di organizzazione del lavoro.

L’utilizzo di una materia prima non soggetta ad alcun trattamento, poco curata, facilmente deperibile, ha comportato l’acquisizione di competenze aggiuntive per i dosaggi, le fasi di cottura e pastorizzazione e la revisione delle schede tecniche del prodotto finito.

La grande visibilità derivata dal piano di comunicazione della Reggia e dalla possibilità di utilizzare per la commercializzazione  il doppio brand, quello della Reggia e quello de “le Ghiottonerie di Casa Lorena” ha comportato la rivisitazione della strategia di comunicazione e l’adozione di nuovi strumenti di diffusione.

Il progetto si poneva una pluralità di obiettivi che sono stati raggiunti già nella prima annualità di attuazione e confermati nella seconda.

Il primo obiettivo relativo alla dimensione culturale era la diffusione di un messaggio alternativo alla consueta narrazione delle donne sopravvissute alla  violenza. La capacità di riuscire ad avere autonomia economica attraverso il lavoro e quindi un ribaltamento della vittimizzazione e una spinta a liberarsi, denunciare, interrompere le relazioni violente. Il progetto ha mostrato la forza di partnership collaborative inedite come quella attivata tra l’Istituto culturale e un Ente no profit con la possibilità di rendere concreta e attuabile un’esperienza di economia circolare e solidale.

Il secondo obiettivo, più complesso ma ugualmente centrato, era mostrare la sostenibilità di un’attività imprenditoriale: contenere i costi per la Reggia dello smaltimento oneroso delle arance destinate al macero, produrre marmellate di qualità, nel pieno rispetto dell’ambiente, facilmente commercializzabili perché portatrici di una molteplicità di valori.

Coniugare il sostegno alle donne in uscita dalla violenza con il buon utilizzo dei beni confiscati (il laboratorio che produce le marmellate è in un bene confiscato alle mafie), con pratiche di economia circolare promosse da un istituto museale ha avuto un grandissimo impatto sia di visibilità sia nella vendita.

Sono stati prodotti circa 3000 barattoli di Marmellata delle Regine e sono stati tutti venduti attraverso l’e-shop delle Ghiottonerie, nei punti vendita del Museo e nei temporary shop. Molti barattoli hanno costituito la base di bomboniere e segnaposti.

Nella seconda raccolta conclusa a gennaio 2022 le arance degli alberi sottoposti a potatura sono risultate di migliore qualità, a conferma di una pianificazione mirata della direzione della Reggia. Il progetto ha consolidato l’immagine e la visibilità del laboratorio che ha visto moltiplicarsi le opportunità di lavoro per le donne occupate.

L’ente gestore del laboratorio ha ottenuto la concessione della buvette nel foyer del Teatro Mercadante e a macchia d’ olio si susseguono richieste e sviluppi di quella che a tutti gli effetti si è mostrata una buona prassi capace di tenere insieme giustizia sociale ed ambientale nel promuovere cultura e produttività in un territorio complesso.

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